Dal
Giappone con
rumore (ed efficacia)
Oggi,
invece dei soliti "mostri sacri", voglio parlare
di una cinepresa semplice e affidabile che non stupisce ma
convince. Si tratta della Sankyo XL 620, il modello al top
della linea Sankyo dell'ultima generazione, quella prodotta
nei primi anni Ottanta, soprannominata "Supertronic"
a sottolineare la relativa ingegnerizzazione elettronica dei
vari modelli, perlomeno se confrontati con le serie precedenti.
Dicevo
che non stupisce, ma va precisato che non mi riferisco alle
prestazioni, bensì alle possibilità operative,
che, per quanto non scarse, di certo non pongono questo apparecchio
al livello delle più blasonate Leica, Nizo e Bealieu.
Per esempio, rispetto alle ultime due, oltre ad avere un'ottica
molto più limitata (un "Sankyo Zoom", 1.2/f:
7.5-45 mm), non ha la possibilità di montare il caricatore
da 60 metri. Ciò, anche se esso non è più
prodotto da anni, rappresenta comunque un passo indietro rispetto
al modello top della serie precedente il 61-200 in cui la
sigla stava appunto a significare che l'apparecchio accettava
il caricatore esterno di lunga durata.
Con questo 'nuovo' modello, quindi, si ha l'impressione che
la Sankyo avesse voluto fare un passo indietro, rivolgendosi
più alle famiglie che ai professionisti, questi ultimi
senz'altro più interessati all'uso di un caricatore
che consentiva ben 10 minuti di ripresa ininterrotta, alla
cadenza di 24 fps.
La
cinepresa si presenta con una bella linea abbastanza elegante
e "moderna", e con i comandi razionalmente disposti
su un solo lato (quello sinistro, come di consueto, v. foto),
ad eccezione del selettore inserito/disinserito del filtro
di conversione 85 che si trova sul lato opposto. Ciò
che più conta, il cabinet è totalmente in metallo,
ad esclusione dell'impugnatura; quest'ultima ospita sei pile
a stilo (ma vanno bene anche gli accumulatori al Ni-Cd), che
alimentano anche l'esposimetro, per cui non è necessaria
la classica batteria a bottone di molte cineprese delle generazioni
precedenti (pile che in qualche caso non sono più in
).
La
cosa che piace di più di questa cinepresa è
il mirino: ampio e luminoso (anche se non quanto nelle Nizo),
è estremamente preciso e, rispetto a macchine più
famose, ha il pregio non trascurabile di avere un telemetro
(a spezzatura di immagine diagonale) le cui metà non
si oscurano mai. Inoltre la regolazione diottrica dell'oculare
può essere bloccata su una certa regolazione, per evitare
involontarie starature che provocherebbero una messa a fuoco
imprecisa. Ed è anche possibile chiudere il mirino
per evitare che raggi di luce parassita si infiltrino nella
macchina fino ad arrivare a qualche deviatore ottico interno,
col risultato di velare la pellicola e/o falsare la lettura
dell'esposimetro se non si tiene l'occhio al mirino; decisamente
utile per chi lavora molto a scatto singolo e col temporizzatore,
e chiaramente non può stare con l'occhio attaccato
per ore all'oculare.
Al
riguardo va detto che la "620" si presenta con un
completo sistema di ripresa automatica, in grado di soddisfare
le esigenze più comuni e non solo. A scatto singolo
è possibile filmare automaticamente 4 fotogrammi per
ogni pressione del pulsante di ripresa (o di quello sul comando
a distanza), oppure, con l'intervallometro, filmare alla cadenza
di uno scatto ogni mezzo secondo, oppure ogni 5, 20 o 60 secondi.
All'estremo
opposto del selettore che controlla queste funzioni, è
possibile filmare in modo continuo e automatico per 4 o 10
secondi dopo un ritardo di 10" dalla pressione del pulsante
di scatto; ciò sia alla velocità di 18 che di
24 fps. Infine è possibile filmare automaticamente
per 10 o 20 secondi anche senza alcun ritardo (utile per filmare
inquadrature che abbiano tutte la stessa durata).
A proposito di cadenza di ripresa va detto che la cinepresa
ha anche lo slow motion a 36 fps. Non molti, se paragonato
ai circa 50 e più delle macchine di fascia alta, ma
meglio di niente, se non altro utile per "ammorbidire"
riprese eseguite da mezzi in movimento. La variazione dalle
cadenze standard ha luogo istantaneamente sollevando una levetta
accoppiata al selettore di velocità. La levetta torna
in posizione di riposo automaticamente, dopo che la si è
lasciata. Si tratta, quindi, di uno slow motion istantaneo,
non concepito per lunghe riprese a tale cadenza. Un po' limitante,
ma a favore della Sankyo c'è da dire che può
svolgere questa funzione anche con caricatori sonori, cosa
non sempre possibile con altre cineprese (penso che vada detto
anche se i caricatori "sound" non sono più
fabbricati).
L'esposimetro
consiste in una fotocellula al silicio blu con architettura
TTL; il sistema di traguardazione è quello più
tradizionale per questo tipo di configurazione: due deviatori
ottici intercettano la luce proveniente dall'obiettivo e la
inviano, nell'ordine, al mirino e, subito dietro il diaframma,
alla cellula esposimetrica. La perdita di luce (e, in misura
inferiore, la perdita di "purezza") è quindi
leggermente superiore a quella di cineprese come le Nizo sonore.
L'esposimetro
si è rivelato abbastanza sensibile e pronto a reagire
alle minime variazioni (forse anche troppo). È presente
un compensatore per il controluce, che aumenta l'apertura
di circa 2 stop.
È possibile controllare l'apertura manualmente. Tanto
i diaframmi impostati in "auto", quanto quelli in
"manuale" sono visibili in alto nel mirino, in una
scala orizzontale che va da F:1.2 a F: 45 (!), da sinistra
a destra; la scala riceve luce dall'obiettivo, da un'area
di immagine non sfruttata per la ripresa (non molto pratico
se si filma in condizioni di scarsa luce ambientale). Il diaframma
effettivo viene indicato da un ago abbastanza preciso che,
per l'impostazione manuale, si sposta con una certa calma,
a tutto vantaggio della facilità di regolazione. L'impostazione
di una qualsiasi apertura di diaframma avviene tramite una
levetta oscillante simile a quella per lo slow motion.
Il
diaframma serve anche per realizzare dissolvenze in apertura
e in chiusura, nonché per le transizioni incrociate.
Quindi va da sé che per eseguire queste funzioni, non
si può lavorare col diaframma impostato manualmente
(una limitazione non da poco, che però la Sankyo condivide
con diversi modelli di altri marchi anche al top della gamma).
Lo
zoom è motorizzato a una sola velocità; purtroppo,
come in molti apparecchi di questa fascia di prezzo, non è
possibile metterlo "in folle" dal motorino, per
realizzare carrellate manuali veramente fluide. Curiosamente
il comando (anche questo a levetta) per la carrellata ottica
motorizzata è situato accanto all'obiettivo, sul lato
sinistro dell'apparecchio invece che sopra. Una cosa buona
di questo modello, in confronto con le "sorelle"
più piccole, è che lo zoom è azionato
da un motorino dedicato piuttosto che da quello che movimenta
griffa e otturatore. E a proposito di griffa, questa Sankyo
ne ha una che in fase di risalita, rientra in sede, esattamente
come in un proiettore (non poche cineprese hanno una griffa
a profilo trapezoidale che si sposta solo verticalmente, sfruttando
la forma stessa per sganciarsi dal foro appena trascinato;
ciò è conseguenza di una meccannica semplificata
e più economica che può produrre immagini leggermente
meno stabili).
La cinepresa ha possibilità di macro (in zona grandangolo)
e permette di focheggiare fino a zero centimetri: per una
volta le distanze sono riportate sull'anello dello zoom. Nel
campo normale la messa a fuoco minima corrisponde al classico
1,5 m.
L'obiettivo ha un diametro filtri di soli 52 mm cosa che consente
di sfruttare accessori come lenti aggiuntive grandangolari
concepite per videocamere (seppur di diversi anni fa
).
VENIAMO
ALL'UTILIZZO.
La macchina accetta sensibilità di 40 o 160 ASA in
luce artificiale (col filtro disinserito) o, rispettivamente
di 25 e 100 ASA (col filtro inserito per luce diurna). Usando
la nuova Ektachrome 64 T si verifica una sottoesposizione
di circa uno stop, poiché la camera legge la tacca
sul caricatore come se si trattasse di una pellicola dalla
senbilità effettiva di 100 ISO (con filtro) o di 160
(senza filtro). Nessun problema utilizzando la Velvia, con
cui si sposa perfettamente, anche usando cartucce riciclate
con pellicola sfusa a metraggio. Per rimediare con la più
diffusa E 64, però, è possibile ritarare la
macchina agendo all'interno sull'apposito trimmer. Basta rimuovere
il coperchio laterale e si vedono tre piccoli ponziometri
con basetta bianca, allineati verticalmente; quello dell'esposimetro
è il centrale. Oppure si può sempre compensare
manualmente di 1 stop.
Per l'uso del B/N: con la Plus-X, adesso portata a 100 ISO,
non dovrebbero esserci problemi, lasciando le tarature di
fabbrica come sono e il filtro inserito.
Inquadrando
e premendo il pulsante di scatto a metà corsa (dopo
aver attivato l'interruttore principale, che svolge anche
la funzione di test pile e blocco ripresa/ripresa continua),
l'ago dell'esposimetro si posiziona sul giusto valore esposimetrico
per quella determinata situazione di luce. Premendo a fondo
(lo scatto non è elettromagnetico), si attiva la ripresa.
Va detto che da questa cinepresa non bisogna aspettarsi il
bellissimo "suono" di una Nizo o di una Canon di
alta fascia (come le 814 e 1014 XL-S): il rumore che produce
è molto metallico e abbastanza pronunciato per una
cinepresa sonora, ma tant'è, non si può avere
tutto e alla fine non è particolarmente difficile farci
l'abitudine.
Durante
la ripresa un led rosso resta acceso accanto all'obiettivo
per avvertire gli attori che la ripresa è in corso,
metre un led verde compare in basso a sinistra nel mirino,
e viene rapidamente coperto e scoperto da una palpebra azionata
dal nottolino di avvolgimento; il sistema di oscuramento è
evidentemente un espediente per risparmiare su un pur economico
circuito che rendesse davvero intermittente quetso LED, ma
alla prova dei fatti si tratta di una soluzione valida. Come
di consueto in caso di problemi di trascinamento o alla fine
del caricatore, il led resta visibile o scompare del tutto
La
cinepresa è in grado di effettuare dissolvenze semplici
e incrociate sia con caricatori muti che sonori (ad averne!).
Per le dissolvenze al nero (fade out) basta azionare l'apposita
levetta mentre si filma: osservando l'ago della scala dei
diaframmi, lo si vedrà spostarsi in direzione dei diaframmi
più chiusi fino a segnalare la chiusura totale. A quel
punto spetta all'operatore rilasciare il pulsante di scatto
per arrestare la marcia della pellicola, al contrario di quanto
succede in certi modelli automatici. Per la dissolvenza in
apertura (fade-in), si preme il pulsante di scatto a metà
corsa (stand-by) per portare preventivamente lo stesso ago
in posizione di diaframma completamente chiuso, controllando
la scala all'interno del mirino, prima di iniziare la ripresa;
una volta che tale posizione è stata raggiunta, si
preme a fondo il pulsante di scatto e si rilascia la levetta
che controlla le dissolvenze: il diaframma si aprirà
gradualmente fino a raggiungere il valore di lavoro.
Per le dissolvenze incrociate (lap dissolve) basta portare
la stessa levetta nella posizione L/D: inizierà una
dissolvenza in chiusura del diaframma, mentre il nottolino
cesserà di avvolgere la pellicola (altrimenti il riavvolgimento
sarebbe impossibile); al termine della dissolvenza la macchina
si arresterà automaticamente e riavvolgerà,
a diaframma ancora chiuso, circa 90 fotogrammi, mentre una
luce rossa segnalerà l'esecuzione di questa operazione
nel mirino, a sinistra dell'immagine. Quindi si potrà
o cominciare subito la nuova ripresa con una dissolvenza da
chiuso ad aperto, oppure si potrà spegnere la cinepresa
e completare il tutto in un secondo momento. Gli incroci risultano
abbastanza gradevoli, a patto che si filmi a diaframmi di
lavoro compresi fra F:4 e F: 11, altrimenti l'immagine in
uscita o quella in entrata potrebbero sparire/comparire un
po' troppo repentinamente.
Utilizzata
in svariate condizioni ambientali, questa macchina non ha
mai dato segni di cedimento, mostrando di "disinteressarsi"
tranquillamente al caldo micidiale (malgrado il cabinet interamente
verniciato di nero) e all'umidita'; in particolare va rilevata
la notevole resistenza ad abrasioni accidentali delle varie
serigrafie: affidabile anche a vent'anni di età. Ha
lavorato anche in apnea in una custodia sub della EWA senza
problemi. Unica fonte di (future) preoccupazioni: il rivestimeto
di spugna del vano caricatore, che tende a sfrangiarsi e a
sparire, compremettendo la tenuta alla luce finestrella di
controllo. Consigliabile sostituirlo con un materiale più
resistente.
PRESTAZIONI
Copertura mirino
In base ai test condotti, posso affermare che, perlomeno sul
mio esemplare, la copertura del mirino è praticamente
identica all'area impressionata sulla pellicola ed è
perfettamente in bolla. Davvero un bel risultato per quello
che spesso è un tallone d'Achille anche in macchine
molto rinomate (le Nizo talvolta presentano questo difetto).
Confort
di lavoro
Durante le riprese, fatta un po' l'abitudine coi vari comandi,
ci si trova sempre a proprio agio: data la semplicità
dell'apparecchio, è davvero molto difficile compiere
errori. L'unica nota dolente è l'impugnatura, tutt'altro
che ergonomica, ma è sempre possibile fissare la cinepresa
su di una staffa a spalla, oppure sul cavalletto (in questo
caso l'impugnatura si ripiega lateralmente sul fianco destro).
Tutte le posizioni di funzionamento "standard" dei
vari selettori hanno un indice verde per semplificare il settaggio
quando non si richiedono prestazioni particolari. Sfruttando
questa possibilità la macchina risulta impostata per
filmare in automatismo di esposizione, a 18 fps, con temporizzatore
e compensatori vari disinseriti; esiste anche una linea verde
continua impressa sull'anello dello zoom, dalla focale di
7,5 mm a quella di 15 mm, a segnalare l'area di lavoro dell'obiettivo
in cui, in presenza di luce sufficiente (diaframma chiuso
almeno al valore di 5,6), si può fare a meno di regolare
la ghiera delle distanze, riprendendo a "fuoco fisso",
e affidandosi alla profondità di campo per compensare
imprecisioni di focheggiatura anche non piccole.
Il rumore della macchina non permette di percepire facilmente
i "suoni" prodotti dalla pellicola durante il trascinamento
(specie se ci si trova in ambienti rumorosi di per sé),
e quindi di verificarne la precisione di scorrimento senza
problemi: il led nel mirino aiuta, e fortunatamente c'è
anche un cicalino poco sotto l'oculare del mirino, che emette
un sibilo acuto se la rotazione del perno di avvolgimento
viene interrotta per un qualsiasi motivo (fine pellicola o
inceppatura caricatore). Un aiuto simpatico, dato che talvolta
si arriva alla fine del film e non ci si accorge che il led
ha smesso di 'lampeggiare'.
Sulla parte superiore è presente una slitta porta accessori
su cui è possibile fissare il microfono telescopico
optional o un ricevitore radio dedicato per l'attivazione
a distanza della cinepresa tramite telecomando; sempre sulla
parte superiore è presente un aggancio a vite per illuminatore;
una volta applicato l'illuminatore, il filtro di conversione
è automaticamente disinserito.
Ben fatto il manuale di istruzioni, con numerose foto e suggerimenti
d'uso, e perfino tabelle per la profondità di campo.
L'unico appunto "grave" è la mancanza di
una spia che segnali il disinserimento dell'automatismo di
esposizione e del filtro di conversione. Ma su una macchina
di questa fascia non si può avere tutto.
Efficacia
dell'esposimetro
L'esposimetro si è rivelato molto efficace e affidabile
praticamente in ogni situazione di luce, tarato per una lettura
"media" del quadro di ripresa. Il ricorso alla compensazione
'backlight' o per soggetti molto contrastati rispetto allo
sfondo (esempio: riprese sulla neve) si è reso necessario
solo raramente. Forse 2 stop per il controluce sono un po'
troppi (dipende da quanto si vede dello sfondo), per cui può
essere consigliabile agire manualmente in base all'esperienza
dell'operatore (non dimentichiamo che con la pellicola invertibile,
discrepanze anche di un solo stop rispetto all'esposizione
ideale possono rendere un'immagine molto sgradevole da vedere,
per via dell'intrinseca, ridotta latitudine di posa - specie
in sovraesposizione - di questo tipo di emulsione). Niente
di particolare da dire sulla "tecnologia" XL di
questa cinepresa, se non che per questo motivo l'otturatore
ha un'ampiezza del settore aperto di 220° e di conseguenza
il tempo di esposizione per singolo fotogramma è di
1/30 a 18 fps, 1/40 a 24 fps e 1/60 a 36 fps.
Qualità
di immagine
Le immagini filmate con questo apparecchio, utilizzando la
classica K40, appaiono ben definite e contrastate, con colori
estremamente realistici e saturi, davvero piacevoli da osservare.
In alcuni casi ci si rende conto che il contrasto supera (e
in qualche modo fa apparentemente aumentare) la definizione,
ma per primi piani e dettagli, questa macchina può
tranquillamente impressionare immagini da intercalare con
spezzoni filmati su macchine anche più costose, senza
penalizzare il risultato finale; da rilevare, al riguardo,
che è perfettamente nella norma il posizionamento verticale
del fotogramma rispetto alla perforazione, quindi non si corre
il rischio di dover ritoccare il controllo della messa in
quadro sul proiettore ogni volta che si alternano immagine
girate con questa cinepresa e con altre (sempre che siano
tutte ben tarate).
La messa a fuoco in zona "tele" è molto precisa,
anche in condizioni di profondità di campo prossima
allo zero, segno di una taratura eccellente del sistema di
traguardazione telemetrica. Buona la risolvenza anche in condizioni
di penombra dove i dettagli "tengono" senza far
rimpiangere la mancanza di luce in più. Se dovessi
riassumere quest'ultima qualità, direi che il "vetro"
della Sankyo non offre esattamente il massimo di incisività,
pur mantenendosi a livelli molto buoni, ma è costante
a tutte le aperture di diaframma.
Sono un po' meno convinto della stabilità di immagine,
senz'altro buona ma non ai livelli di una Nizo Integral, per
fare un confronto con una macchina ottima della sua stessa
categoria; l'oscillazione nello spessore della linea di demarcazione
si mantiene talvolta a livelli facilmente riscontrabili; in
ogni caso siamo sempre abbondantemente nei limiti dello standard.
A proposito di interlinea, essa appare piuttosto sfumata,
segno che l'altezza del quadruccio è di un capello
superiore alla norma (o forse è la griffa ad avere
un'escursione inferiore), per cui i lati lunghi dei fotogrammi
risultano parzialmente sovrapposti. Ma questo non crea problemi.
Qualità
audio
Riporto queste impressioni solo per completezza di informazione,
visto che da un decennio i caricatori sonori non sono più
in produzione; infatti non è impossibile incappare
in qualche rullo dimenticato in un cassetto o trovare qualche
venditore su internet (magari in un'asta), che vende caricatori
tenuti in freezer. In questo caso, se si è dispoti
a mettere mano al portafogli per cifre esorbitanti, si può
tranquillamente filmare in presa diretta (single system) e
provare la praticità di un qualcosa che tra pochissimo
non sarà più possibile. Ho registrato via ingresso
"aux"-mini jack un brano musicale ricco di voci
e alte frequenze, le prime utili per verificare la bontà
del wow & flutter, le seconde per verificare l'estensione
della risposta in frequenza. Durante la registrazione effettuata
no-stop per tutti i 15 metri di pellicola a 24 fps, ho tenuto
aperto il vano caricatore e osservato il ricciolo di scorta.
Il sensore di scorta, che ne valuta l'ampiezza, ha svolto
un egregio lavoro, e piccole variazioni di velocità
per mantenere la sincronizzazione fra griffa e capstan sono
risultate all'orecchio quasi impercettibili, durante il successivo
riascolto della pista magnetica (su proiettore Elmo GS 1200
quarzato). L'estensione in frequenza è risultata più
che buona (appena un pò stridenti gli acuti nei passaggi
di livello più elevato). Il controllo ALC per il livello
automatico di registrazione, come sempre in cineprese di questa
fascia, è fin troppo pronto a "tosare" improvvise
impennate di livello, creando in riascolto un effetto innaturale.
Va' però detto che per un uso normale (registrazione
di rumori ambientali) la qualità è senz'altro
accettabile.
Procurandosi il microfono telescopico e un apparecchio portatile
atto alla registrazione sonora, come un minidisk, si può
applicare il microfono alla slitta porta accessori e fissare
il minidisk sul coperchio vano caricatore con del velcro per
avere tutto a poratata di mano e pronto per la registrazione
sonora. In questo caso, il microfono può essere collegato
all'ingresso mini-jack del minidisk senza adattatori.
CONCLUSIONI
Una macchina buona, ben progettata, ben ingegnerizzata e altrettanto
ben costruita; resistente e affidabile, pur con le limitazioni
che abbiamo descritto; da tenere in seria considerazione come
primo acquisto per neofiti curiosi o come riserva per situazioni
di emergenza. Come primo acquisto, è sicuramente un
apparecchio con cui si può imparare molto grazie alle
complete possibilità di gestione manuale dell'esposizione.
Rispetto alle cineprese che conosco meglio - le Nizo - ciò
che si rimpiange maggiormente è la silenziosità.
Ma i pregi di questa cinepresa sono senz'altro più
numerosi dei limiti e, tanto per fare un paragone diretto
in questa classe di cineprese, fra le concorrenti più
quotate sono senz'altro da citare la Nizo Integral e la Canon
514 XLS; se dovessi scegliere per categorie limitate, preferirei
la Sankyo sulla Nizo per la robustezza, e sulla Canon per
l'obiettivo più versatile (7 mm di focale minima contro
i 9 mm della "connazionale").
Reperibilità
e prezzi
Costruita fino al 1982, quando la Sankyo abbandonò
il mondo del S/8, e stranamente poco diffusa in Italia, questa
cinepresa è invece facilmente reperibile negli Stati
Uniti, anche se decisamente sottovalutata a livello qualitativo.
Di conseguenza sono abbastanza bassi anche i prezzi: con meno
di un'ottantina di euro si può acquistare un esemplare
perfetto sia da un punto di vista funzionale che estetico
e magari anche tutti gli accessori in dotazione che erano:
cinghietta da polso, tappo copriobiettivo, microfono a filo
con telecomando e supporto da tavolo, schermo antivento, auricolare,
pulisci-testina, paraluce e, soprattutto, un curioso accessorio
da applicare all'obiettivo, con cui filmare titoli o diapositive
in trasparenza.