Vista
la recente ondata di domande concernenti questioni pratiche
di rilevanza immediata, a cui solo in parte (per la vastità
di certi argomenti) si è potuto finora dare risposta,
ho accettato la proposta fattami qualche mese fa da Fabrizio
Mosca, apprezzato forumista a tutti noto, di scrivere qualche
nota sul montaggio. Per cui in questo articolo tratterò
essenzialmente di come è fatta una moviola per il
S/8, parte fondamentale dell'attrezzatura per il montaggio,
e di quali tecniche ho attuato in passato per il montaggio
dei miei film.
L'importanza
di una moviola per montare il S/8 potrebbe non essere scontata
per un neofita: questi, infatti, come credevo anch'io quando
cominciai all'età di 12 anni, potrebbe pensare che
vada benissimo lo stesso proiettore. Invece no, assolutamente:
per un montaggio serio, che implica ore e ore di passaggi
dei preziosi spezzoni da montare, non userei neppure il
proiettore più da battaglia del mercato. Il perché
è dovuto principalmente a due motivazioni: innanzitutto
il proiettore è progettato per un funzionamento di
tipo "esecutivo": ossia ci si proietta il film
(già completato) e, tutt'al più, lo si usa
per sonorizzare; mandarlo in marcia avanti per poi arrestarlo,
tornare indietro alla ricerca affannosa di quel certo fotogramma
è impresa improba, anche avendo uno schermo-visore
per luce diurna. Non bisogna dimenticare, infatti, che essenzialmente
durante il montaggio la prima cosa da fare è selezionare
le inquadrature buone, e poi stabilire con cura i punti
di ingresso e uscita per il successivo incollaggio dei vari
spezzoni. Usando un proiettore a questo scopo, si rischia
seriamente di accorciarne la vita, martoriando leveraggi,
motore, cinghie e quant'altro si possa annoverare fra gli
organi di trazione. Vista l'attuale penuria di pezzi di
ricambio e di manodopera specializzata (spesso oltre confine,
segnatamente in Germania), mi pare il caso di adottare tutte
le cautele possibili per allungare la vita dei vari apparecchi
necessari per realizzare film in S/8.
La
seconda ragione è ancora più importante: quando
si monta un film, le giunture potrebbero essere fatte in
modo non ancora definitivo e disfarsi con tutto lo "stop&go"
e l'avanti-indietro di cui sopra.
Non solo, ma si rischia di sporcare o graffiare la pellicola.
Visionare uno spezzone di pochi centimetri, poi, costringe
al giuntaggio di una coda. Insomma non solo è scomodo
per quest'utilizzo, ma anche potenzialmente pericoloso per
l'integrità della pellicola. Inoltre non va dimenticato
che il proiettore, nelle adiacenze della lampada, fa avanzare
la pellicola a scatti, grazie al movimento intermittente
della griffa, e ciò introduce uno stress che si aggiunge
a quello che il film dovrà "patire" una
volta completato. E siccome in S/8 si lavora con un prezioso
"camera original" invertibile (ossia la stessa
pellicola che c'era nella cinepresa è quella, sviluppata
e invertita, che ci ritroviamo per le mani) e non con una
copia di montaggio tirata dal negativo riposto al sicuro,
ecco che è giocoforza far di tutto per evitare danni
al nostro prezioso, insostituibile materiale.
Le
moviole, anche le più semplici, evitano tutti i problemi
citati. Di base una tipica moviola consta di uno schermo
(fresnel o vetro smerigliato) sul quale viene retroproiettata
un'immagine rinviata dalla pellicola attraverso una serie
di specchi. Quando si sceglie una moviola è preferibile
che abbia lo schermo non troppo piccolo, diciamo almeno
come una stampa fotografica 10x15: più piccolo, creerà
problemi nel capire se l'inquadratura è a fuoco o
no, vista l'intrinseca bassa qualità di questi apparati.
Il trascinamento del film di solito è demandato al
montatore stesso che agisce su manovelle poste sui bracci
portabobine: in questo modo è possibile analizzare
minuziosamente ogni singolo fotogramma, senza il minimo
stress né per la pellicola né tantomeno per
la moviola.
Ovviamente
sarà un po' difficile all'inizio far scorrere il
film in modo costante per conoscere l'esatta durata di ogni
inquadratura, ma in ciò può essere d'aiuto
il proiettore stesso, oppure un misuratore di lunghezza
film graduato in fotogrammi e secondi, da incollare sul
bordo del tavolo dove poggia la moviola. Inoltre molte moviole
possono montare un accessorio che conta i fotogrammi.
Tornando al funzionamento della moviola, va detto che la
pellicola, nel percorso, peraltro solitamente molto semplice,
che essa vi compie, va a ingranare i dentini di una ruota
collegata a un prisma poligonale: si tratta di un surrogato
dell'otturatore e della griffa: nella sua rotazione il prisma
segue il movimento della pellicola trascinata in modo da
far apparire piuttosto stabile ciascun fotogramma, anche
se di fatto la pellicola non è mai perfettamente
ferma (come succede nei proiettori durante l'esposizione
alla luce, quando la griffa è in posizione di "folle"):
insomma nelle moviole non c'è griffa e il trascinamento
è uniforme e tranquillo (ovviamente in funzione dell'abilità
del montatore); anche questo spiega perché una moviola
è molto più "gentile" con la pellicola
rispetto a un proiettore. Il tutto funziona così:
quando il fotogramma sta per esaurire la sua funzione (cioè
è stato trascinato via quasi completamente dal quadruccio),
il prisma provvede a "fonderlo" al fotogramma
successivo, con un'altra sua faccia. Questo è ciò
che accade, per esempio, nelle moviole Goko, dotate di un
prisma poligonale a 16 facce che garantisce una visione
molto rilassata poiché priva di sfarfallio ("flicker
free"). Apparecchi meno pregiati, ossia con un prisma
dotato di un numero molto più basso di facce, fanno
ricorso a una faccia oscurata fra due libere, che davvero
leva la luce quando si passa da un fotogramma al successivo:
con queste moviole lo sfarfallio c'è, e a bassa velocità
(ossia l'80% dell'uso che si fa di una moviola) è
abbastanza fastidioso poiché lo schermo si oscura
realmente provocando un fastidioso effetto di "scintillamento".
Pellicola
e prisma sono allineati con una sorgente di luce, solitamente
una lampadina da 6V/10 W dotata di condensatore a due elementi,
per aumentare un po' la scarsa definizione. Vi sono però
modelli che montano lampade alogene a spillo (senza specchio
dicroico), e talvolta è possibile trasformare le
prime per poter utilizzare le alogene.
Infine
quasi tutte sono dotate di un punzone, una specie di piccolo
artiglio che, agendo su un pulsante, effettua un piccolo
foro sul bordo della pellicola, cosa che aiuta a rintracciare
il fotogramma in corrispondenza del quale effettuare il
taglio. Con quelle che sono sprovviste di punzone, si farà
ricorso a un "china marker", una speciale matita
grassa, di colore bianco o giallo, i cui segni, a montaggio
ultimato, possono essere rimossi senza problemi con un liquido
puliscipellicola.
Queste
le caratteristiche di base di qualsiasi moviola, realizzate,
all'epoca d'oro del S/8, da svariati costruttori, come,
tanto per citare i più famosi, Hahnel, Prestinox,
Muray, Braun, ecc., ma ovviamente anche qui i fabbricanti
si sbizzarrirono nel proporre varianti ecc.: ad esempio
non sono rare le moviole motorizzate, spesso dotate di un
variatore di velocità mediante potenziometro, la
cui escursione può arrivare anche a coprire la gamma
da 2 a 40 fps e tutte le cadenze intermedie; poi ci sono
quelle sonore tanto per la sola lettura delle pellicole
preregistrate (invero oggi abbastanza inutili), quanto anche
per la registrazione, come la mitica e rarissima Goko RM
8008 o la Bauer F50 (di produzione Goko).
Fra
gli accessori che più o meno tutte potevano utlizzare,
oltre al già citato contafotogrammi, vanno annoverati
il pulisci film (invero per temerari) e il blocco con la
testina sonora per il quale valgono, a maggior ragione,
le considerazioni già fatte.
In
sostanza per cominciare, è senz'altro sufficiente
procurarsi una moviola pulita e che non graffi la pellicola,
con uno schermo possibilmente decente e che non crei troppo
sfarfallio; una capacità dei bracci portabobine di
120-180 m è più che sufficiente. Un oggetto
di questo tipo spesso viene regalato da chi ci vende il
proiettore, magari acquistato in blocco con la cinepresa.
Se si cerca qualcosa di più, come i modelli citati,
occorre, invece, armarsi di santa pazienza e di un discreto
gruzzolo.
L'ovvio
complemento della moviola è la giuntarice, ma di
questa si è già parlato in un contributo di
qualche tempo fa. Per cui a questo punto mi soffermerei
su
COME PROCEDERE
Ok,
dopo mesi di ricerche siamo riusciti a procurarci tutto
il necessario per realizzare il fatidico montaggio: le tre
bobinette inviate allo sviluppo, dopo la prima visione "grezza",
riposano in un cassetto da settimane, per cui è ora
di metterci mano. Ma prima potrebbe arrivare una domanda
che, in piena era digitale, non sarebbe affatto fuori posto:
perché montare un S/8 "a mano" con tutti
i rischi a cui brevemente si è fatto cenno? Non sarebbe
molto più pratico, veloce e sicuro montare il girato
al computer?
La risposta è sì e no; soprattutto dipende
da cosa si vuol fare col girato: se si vuole realizzare
un film da proiettare col tanto agognato Elmo GS 1200 nello
splendore del proprio soggiorno, allora è giocoforza
montarlo tradizionalmente. Altrimenti, se si vuole creare
un'opera per farla girare nei festival e/o con effetti vari
non previsti in ripresa (come dissolveneze varie o trucchi
impossibili col S/8 "nativo"), allora si deve
ricorrere al video. Esisterebbe anche una via ibrida, che
ho percorso (senza successo) per il mio ultimo film, un
mediometraggio di trenta minuti: originato in S/8, ho fatto
prima un premontaggio in pellicola di 45', poi l'ho fatto
passare al telecinema e l'ho fatto acquisire su un sistema
di editing non lineare (NLE). Su di esso ho fatto rifinire
buona parte dei tagli, ho studiato delle soluzioni alternative
a quelle previste inizialmente e ho fatto costruire tutta
la colonna sonora. L'idea era quella di rimontare il film
originale osservando il montato video definitivo col time
code in sovrimpressione e l'aiuto del contafotogrammi della
mia Goko; successivamente avrei trasferito l'audio col sistema
descritto nell'articolo "[
] My Way", apparso
qualche mese fa sul forum di Laboratorio Milano. Ebbene
il film è completato da un anno e mezzo, ma l'ho
sempre visto in cassetta: finora non ho mai avuto il coraggio
di realizzare questo casereccio "conforming" del
materiale originario. Forse se il film durasse molto meno,
l'avrei già fatto, ma così ho una sorta di
rifiuto che finora non sono riuscito a vincere. Per cui
forse sarebbe stato meglio tener separati i due ambiti.
Senz'altro, comunque, è una possibilità. L'unico
grosso problema, volendo lavorare al computer, è
il telecinema: per un progetto con qualche velleità,
non c'è niente che vada bene al di fuori del Cintel
o dello Spirit: con queste macchine si riesce ad avere una
qualità di immagine che sul cinescopio è vicinissima
a quella di un film anni '70-'80, sempreché si sia
curata scrupolosamente l'esposizione in fase di ripresa.
Putroppo i trasferimenti su queste macchine viaggiano nell'ordine
dei 3-4 Euro al minuto e se si richiede la correzione colore
scena per scena (operazione piuttosto delicata e lunga,
possibile con lo Spirit e, forse, anche col Rank), la spesa
finale viene calcolata sul "tempo macchina" e
non sulla durata effettiva del film trasferito (che dura
circa tre volte meno).
Ovviamente,
dopo il telecinema si deve avere a disposizione un computer
in grado di effettuare montaggi A/V, altrimenti si deve
mettere in conto anche il costo per lo studio di montaggio.
Insomma lavorare in elettronico può risultare molto
più costoso che lavorare direttamente in S/8, per
cui l'esborso iniziale dovuto all'acquisto di pellicola
vergine, se impressionata oculatamente, viene compensato
dall'economicità del montare a casa, quando il rinunciare
alle innumerevoli possibilità dell'elettronica non
rappresenti un problema. Ma c'è una considerazione
ulteriore e tutt'altro che "pragmatica" come questa
per scegliere di montare tradizionalmente: il piacere che
si prova vedendo fisicamente, materialmente, l'opera che
si era immaginata, prendere forma fra le proprie mani. Per
cui tutte le volte che posso, preferisco montare così
e con ciò credo di aver risposto alla domanda di
cui sopra.
A
questo punto vediamo praticamente come operare, con una
precisazione: il mio è solo uno dei modi possibili
e non pretendo certamente che sia il migliore o il più
comodo: semplicemente io mi ci trovo bene e ho pensato di
condividere con gli altri forumisti questo mio "modus
operandi", perlomeno con coloro che sono interessati
alla produzione.
Dando
per scontato che il materiale grezzo sia stato visionato
con un buon proiettore già un paio di volte e se
ne abbia familiarità, è il caso di visionare
ogni bobina alla moviola e prendere appunti su ciò
che va bene e ciò che non funziona nella varie inquadrature.
Ovviamente questo ha un senso se si è girato almeno
con un rapporto di 1:2 ossia preventivando almeno due "ciak"
per ogni inquadratura da realizzare: dei due, a questo punto,
bisognerà sceglierne uno da utilizzare effettivamente.
Altrimenti si può saltare direttamente alla fase
successiva che consiste nel ricercare, per sommi capi, i
punti di in e out di ciascuna inquadratura. Quindi si è
pronti per smembrare le bobinette dello sviluppo in spezzoni
da organizzare secondo il filo logico e coerente che ci
si era dati al momento della pianificazione delle riprese,
senza però essere rigidi al punto da non concepire/accettare
possibili varianti: dopotutto il montaggio è anche,
anzi soprattutto, un momento creativo che può - volendolo
- condizionare enormemente l'estetica del film completato.
In altre parole non va visto solo come una fase lavorativa
in cui si rimettono insieme i vari pezzi e si fa piazza
pulita del materiale venuto fuori male (scene mosse, sfocate
ecc.): questo non è che il primo momento, come abbiamo
visto! Durante il montaggio vero e proprio niente può
impedirmi di inventarmi nuove soluzioni o mascherare un'inquadratura
venuta male, magari facendo ricorso a un inserto. Insomma
le possibilità sono infinite e guardare un buon film
con un occhio critico focalizzato su questi aspetti può
insegnare molto.
Per organizzare il materiale selezionato (ossia quello che
sono certo di utilizzare per il montaggio preliminare) utilizzo
le mollette di plastica per gli stendipanni, fissati a una
corda sospesa sul piano di lavoro che dev'essere perfettamente
pulito: ciascuna molletta reca un numero che è riportato
su un foglio di lavoro, esu questo, accanto a ciascun numero,
scrivo il contenuto dello spezzone collegato a quella molletta.
Una volta che ho tutti gli spezzoni da destinare alla creazione
di una determinata sequenza, comincio a cucirli fra loro
nell'ordine richiesto dal piano di lavoro. Per ora le giunzioni
sono a secco e per far prima uso la Catozzo; i punti di
taglio sono ancora abbastanza larghi.
Terminato
il premontaggio della sequenza, aggiungo abbondanti code
in testa e
in coda, e poi passo il tutto in moviola
senza fermarmi, per controllare di non aver compiuto errori
dal punto di vista logico-narrativo. Naturalmente il premontato
così ottenuto è ancora molto provvisorio,
nel senso che ogni stacco va rifinito, dato che ciascuna
inquadratura "entra" almeno un paio di fotogrammi
prima del desiderabile ed esce anche molto dopo ciò
che sarebbe l'ideale. Si tratta, quindi, di cominciare a
"sforbiciare" qua e là in modo da avere
un fluire del film senza "scossoni", a meno che
non sia proprio quello l'effetto desiderato. È ovvio
che le possibilità sono tali e tante, e perdipiù
condizionate dal gusto e dall'estetica personali, che qui
sarà possibile dare solo alcune indicazioni di massima,
valide sia per film a carattere documentaristico, sia per
lavori di "fiction", come si ama dire oggi.
Per quel che concerne i documentari, bisognerebbe evitare
il più possibile immagini mosse, ma se proprio non
fosse possibile, perché si è girato a mano
libera o con un abuso del tele-zoom, è preferibile
che lo stacco in entrata di quella inquadratura si abbia
in un momento di "pausa del mosso": tutti i movimenti
che causano l'instabilità del quadro hanno una certa
escursione, raggiunta la quale normalmente si ha come un
"recupero", una sorta di compensazione introdotta
quasi inconsciamente dall'operatore, del movimento che decreta
il mosso; analizzando l'immagine alla moviola si capisce
facilmente quali sono i fotogrammi in cui si ha una rapida
riduzione del mosso perché durante la ripresa, la
mano dell'operatore in quel momento si era quasi stabilizzata:
basta osservare le scie. Ebbene occorre far sì che
l'inizio di quella inquadratura coincida con quel momento,
eliminando ciò che lo precede. Una volta individuato
l'esatto fotogramma, questo va marcato con la matita grassa
e con la giuntatrice si taglia il fotogramma immediatamente
precedente (che andrà perso giuntando a liquido).
Nota bene: do per scontato che sulla moviola la pellicola
si svolga dal braccio di sinistra al braccio di destra e
le perforazioni siano rivolte verso di noi (emulsione in
alto): per cui il fotogramma immediatamente precedente sarà
a destra di quello marcato. Discorso analogo vale per individuare
il punto in uscita: meglio in un attimo (= un fotogramma)
di "pausa del mosso". Ovviamente la ricerca di
questo secondo punto va fatta anche tenendo conto di quanto
debba durare quello spezzone.
Un altro consiglio per i documentari è di non tagliare
durante carrellate ottiche (zoomate) o panoramiche: è
sempre bene dare allo spettatore uno o due secondi di tempo
prima di far iniziare questi movimenti di macchina e anche
alla fine: ciò perché altrimenti si crea una
sorta di fastidioso effetto di taglio in movimento. Inoltre
se la zoomata va da tele a grandangolo, è opportuno
lasciare qualche secondo in più prima di "staccare"
su un'altra immagine, poiché un'inquadratura in grandangolo,
ossia un campo lungo o lunghissimo, di solito presenta molti
dettagli da osservare, e per lo spettatore uno stacco troppo
"sollecito" alla fine della carrellata ottica,
potrebbe essere irritante, specie se la cosa si ripete più
volte nel corso del film. Ovviamente questi consigli hanno
senso se durante le riprese si era provveduto a filmare
per qualche secondo in più sia in testa che in coda
a ogni inquadratura. Può sembrare un inutile spreco,
ma verrà senz'altro il momento in cui si apprezzerà
l'aver preso questa abitudine.
Per i film a soggetto o narrativi, che dir si voglia, valgono,
anche se in misura variabile da caso a caso, questi stessi
avvertimenti cioè praticamente evitare tagli in movimento,
principio accanto al quale, però, ne aggiungerei
un altro. Normalmente il montaggio a cui siamo abituati
in quanto è quello che abbiamo visto fin da piccoli,
è il cosiddetto montaggio invisibile o "decoupage
classico": si tratta di un montaggio che alterna campi
lunghi a campi medi o campi medi a primi piani; altre volte
l'alternanza è data dal passaggio da campo (per esempio
inquadro una persona che sta parlando con un'altra), a controcampo
(in cui si ha un piano d'ascolto: la cinepresa mi mostra
il viso di chi sta ascoltando e normalmente continuo a sentire
la voce del primo personaggio). In tutti questi casi, ciò
che crea un rapporto logico fra questi stacchi di montaggio
è la continuità, ossia un elemento visivo,
dinamico o spaziale che collega ciascuna inquadratura con
la successiva. Per esempio nel caso di due persone che parlano
l'una di fronte all'altra, lasciar intravedere la spalla
da dietro di una delle due, è già sufficiente
per creare questo nesso logico. Per quanto riguarda il montaggio
invisibile, ecco un esempio pratico; inquadro una persona
in campo medio che sta camminando da destra a sinistra del
quadro, con macchina fissa. A metà percorso la persona
si ferma per allacciarsi una scarpa; stacco sul dettaglio
dei lacci durante l'operazione (dal medesimo punto di vista).
Se lo stacco in uscita dalla prima inquadratura ha luogo
un attimo dopo che la persona si è chinata e sta
per allacciarsi le scarpe, e quello in ingresso mostra l'operazione
in fieri, allora lo stacco, pur con questo salto spaziale,
apparirà perfettamente fluido e naturale ossia "invisibile",
nel senso che la scena presenterà una perfetta, seppur
solo apparente, continuità. Ma se l'inizio dell'allacciamento
si "sovrapponesse" nelle due inquadrature, cioè
se avessi fatto concludere la prima inquadratura un po'
troppo tardi e se avessi fatto iniziare la seconda un po'
troppo presto, ecco che si creerebbe un effetto innaturale,
sufficiente, ad esempio, a "tradire" l'impostazione
amatoriale e dilettantesca del nostro lavoro. Idem se, nell'inquadrare
il dettaglio delle scarpe, mi fossi spostato dalla sinistra
dell'attore (inquadratura di apertura) alla sua destra.
In questo caso avrei addirittura saltato quella sottile
linea immaginaria detta "linea direttrice" che
non dovrebbe mai essere scavalcata. Immaginate di dover
raccontare un inseguimento fra due vetture: se fino a un
certo punto del film le si è viste sempre entrambe
inquadrate dal lato del guidatore, quando andassi a inquadrarne
una dal lato opposto, più che quella dell'inseguimento,
darei l'idea dell'imminente scontro frontale; questo perché
avrei scavalcato senza motivo la linea direttrice; va comunque
precisato che nulla vieta di rompere le regole, purché
le si conosca e ci sia una ragione.
Tornando
al nostro piccolo tavolo di montaggio, spero si sia compresa
l'importanza del lavoro che, a questo punto, andremo a compiere.
In questa fase si deve capire esattamente dove deve entrare
e dove deve terminare ogni singola inquadratura, eliminando
tutto ciò che non è necessario, negli spezzoni
precedentemente selezionati e assemblati. Siccome durante
questa lavoro potrebbe venirvi voglia di variare la posizione
di qualche inquadratura, il mio consiglio è, per
adesso, di limitarsi a segnare a matita i punti di attacco
e di uscita precisi sulla pellicola. Solo quando saremo
assoluamente certi delle scelte operate e del modo in cui
tutto il materiale è stato organizzato, si procederà
all'incollaggio definitivo di ogni stacco. Questo perché,
come già detto in precedenza, le giuntatrici a liquido,
a seconda del tipo, causano la perdita di almeno un fotogramma
(quello in entrata se lo "scalino" è a
salire; quello in uscita se lo scalino è a scendere,
osservando il film dal lato del supporto, quello lucido).
Una
volta "stretta" nel montaggio, la pellicola è
pronta per essere ripulita da macchie, tracce di polvere
(ci sono sempre, anche se si è maniaci del pulito)
e di matita grassa: due o tre passaggi in un panno morbido
impregnato di benzina pura (in vendita in farmacia) e il
film è pronto per accogliere la pista magnetica per
la successiva sonorizzazione. Sconsigliato l'uso di soluzioni
con vaselina e altri lubrificanti che potrebbero compromettere
seriamente la tenuta della pista magnetica; solo dopo la
sua applicazione si potrà (e anzi è raccomandabile)
trattare la pellicola con uno dei vari sistemi più
volte proposti in passato in questo forum.
E degli scarti cosa ne faccio? L'ultima cosa che faccio
io è buttarli; invece li riunisco in una bobina accompagnata
da un foglio con varie annotazioni, specie per quel che
riguarda errori, esposizione ecc.: nozioni che potrebbero
tornare utili in futuro, in caso di problemi.
MONTAGGIO "AVANZATO"
Fin
qui mi sono occupato di un semplice montaggio di un film
non necessariamente breve, ma comunque privo o quasi di
suono dal vivo, in ogni caso senza sincro-labiale: un film
da sonorizzare dopo il montaggio con un commento musicale
e una voce fuori campo, in modo essenziale ma già
molto efficace e di gran soddisfazione, specie se l'audio
è stereo.
Vista l'attuale situazione della disponibilità di
pellicole, dalle quali è scomparsa la pellicola prepistata
"direct-sound", le cose si complicano non poco
se si vuole registrare il sonoro in diretta; va detto però
che ci guadagnano l'affidabilità e la qualità
e forse anche le possibilità creative. Infatti registrando
l'audio separatemente dalla pellicola, non si è più
obbligati a tagliare durante il montaggio con l'assillo
che i suoni sono sfasati di 18 fotogrammi rispetto all'immagine
a cui si riferiscono: più precisamente i suoni precedono
le immagini di 18 fotogrammi per via della distanza che
separa la testina di registrazoine dalla finestrella di
ripresa. In passato avevo escogitato una procedura di passaggi
di audio per ovviare a questo problema ma oggi è
perfettamente inutile parlarne. Inoltre il sistema Kodak
Ektasound non era scevro dal dare problemi: rullo gommato
e capstan della cinepresa sporchi durante la registrazione,
potevano creare davvero enormi problemi di fluttuazione
audio o prefino di crepitii; almeno questo non può
succedere coi moderni sistemi di registrazione.
È
cosa nota che nel cinema professionale il sonoro è
di fatto registrato separatamente dalla pellicola, alla
quale esso viene riunito a formare un solo supporto solo
in fase di stampa delle copie di distribuzione, dato che
fino a quel momento la colonna "scena" e la colonna
sonora vengono tenute fisicamente separate. Un tempo si
usavano i "Nagra", oggi si usano i DAT, ma sostanzialmente
il principio è rimasto immutato. Il sincronismo fra
le due colonne è dato da vari sistemi al quarzo e
codici SMPTE. Nel S/8, fintanto che dobbiamo registrare
l'audio in diretta, nulla ci vieta di utilizzare proficuamente
un Minidisc Sony, un DAT portatile (per chi può permetterselo)
o, al limite una videocamera VHS-C, Hi-8 o MiniDV, purché
dotate di audio di buon livello (la precisazione ovviamente
vale solo per la prima famiglia).
Tutti questi supporti audio sono assolutamente coerenti
in quanto a stabilità di trascinamento, per cui non
introducono di per sé rischi di perdita di sync suono-immagine.
Invece la catena cinepresa-proiettore sì, nel senso
che i primi secondi di girato saranno in sincrono col sonoro,
ma dopo un po' le cose cambieranno, anche se di ciò
dobbiamo preoccuparci solo dopo il montaggio. Durante questo,
avremo cura di prendere nota di quanti secondi avremo scartato,
sia in testa che in coda, da ogni inquadratura utilizzata,
partendo dal ciak (che a questo punto è fondamentale:
esso dà un riferimento visivo sulla pellicola con
la bacchetta che colpisce il ciak e un riferimento audio
sulla colonna). Ultimato il montaggio, andremo a procurarci
tutte le clip audio dal supporto originario, avendo cura
di editarle lasciando circa un secondo in più in
testa e in coda (non si sa mai). Quindi, un sistema molto
economico e casalingo per trasferire l'audio dal MiniDisc
(o quel che era) al film montato e pistato, è quello
di procurarsi una vecchia piastra di registrazione a cassetta,
farla modificare in modo da portare all'esterno il trimmer
di taratura della velocità (tutte le hanno) e trovare
sul nastro il punto ideale di inizio trasferimento, magari
facendo alcune prove. Quindi si passa a trasferire l'audio
in questo modo inquadratura per inquadratura, e se si nota
un fuori sincrono, basterà agire sul trimmer della
piastra per riportare le cose a posto. L'apperecchio ideale
per questo lavoro è il Bauer T-610 con cui è
possibile programmare perfettamente l'inizio e la fine della
registrazione audio, così l'unica incombenza sarà
levare la pausa di riproduzione dalla piastra all'inizio
di ogni scena da sonorizzare.
Mi rendo conto che il tutto è piuttosto macchinoso,
ma bisogna tener presente che anche col sistema diretto
di una volta, quando si volevano creare piani d'ascolto
o inserti in un'intervista o altro, la strada da seguire
era comunque questa. E non bisogna dimenticare che questo
macello è realmente necessario solo per le inquadrature
che contengono parlato sincro-labiale o rumori improvvisi
con sorgenti in campo: per tutto il resto se ne può
fare a meno, ricorrendo al cosiddetto wild-sync (per esempio
il brusio di sottofondo di un bar
)
Se
questa metodologia non dovesse piacere (e la cosa non mi
stupirebbe), l'elettronica viene di nuovo in nostro aiuto.
Facendo un trasferimento casalingo del film montato e acquisendolo
su computer, si può creare lì tutta la colonna
sonora, integrando musiche, voci off e audio dal vivo, mediante
opportuno "resolving" ossia risincronizzazione
tramite vari applicativi che altri qui conoscono meglio
di me (mi viene in mente "Pro Tools" che consente
di "stirare" o "accorciare" un clip
audio senza variarne la timbrica, se non ricordo male).
Alla fine sarà possibile ritrasferire l'audio sulla
pellicola pistata col sistema descritto in un precedente
articolo, il già citato "My Way". Questo
secondo sistema richiede un certo impegno economico, per
cui è consigliabile solo se si prevede di fare un
uso massiccio del sincro-labiale.
Un'ultima possibilità è offerta dal quarzare
la cinepresa in modo che durante le riprese marci esattamente
a 25 fps. Questo faciliterà enormemente la sincronizzazione
durante il montaggio; la cosa però, a meno di non
quarzare anche il proiettore (ma anche così si dovrebbe
fare buona parte del lavoro sopradescritto), è interessante
solo per produzioni dotate di un certo budget che telecinemano
tutti i giornalieri, montano in digitale e finalizzano su
videonastro.
In
conclusione non escludo che, in funzione di particolari
esigenze e/o attrezzature (le quali possono talvolta limitare
le possibilità piuttosto che espanderle), altri escogitino
altri sistemi ugualmente validi o anche più pratici
dei miei. Qui l'intento era quello di offrire un excursus
di possibilità e spero che la cosa possa tornare
utile a qualcuno che ha avuto la pazienza e l'interesse
di arrivare fino in fondo. Aggiungo solo che spesso è
più difficile descrivere una procedura che attuarla
e di questo bisogna tenere conto.